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Allegro non troppo

A cura di MARCO BORRONI

ALLEGRO NON TROPPO

Italia, 1977
di Bruno Bozzetto

Regia: Bruno Bozzetto
Soggetto e sceneggiatura: Bruno Bozzetto, Guido Manuli, Maurizio Nichetti
Fotografia: Mario Masini (dal vero), Luciano Marzetti (effetti speciali e animazione)
Animazione: Giuseppe Laganà, Walter Cavazzuti, Giovanni Ferrari, Giancarlo Cereda, Giorgio Valentini, Guido Manuli, Paolo Albicocco, Giorgio Forlani
Montaggio ed effetti sonori: Giancarlo Rossi
Musica: brani di Claude Debussy, Antonin Dvorák, Maurice Ravel, Jan Sibelius, Antonio Vivaldi, Igor Stravinskij
Costumi: Lia Morandini
Interpreti: Maurizio Micheli (il presentatore), Maurizio Nichetti (il disegnatore), Nestor Garay (il direttore d’orchestra), Maria Luisa Giovannini (la ragazza delle pulizie)
Produzione: Bruno Bozzetto, per Bruno Bozzetto Film
Durata: 85 min.
Distribuzione: Cineteca Italiana, Milano

SINOPSI

- Interno di un teatro (riprese in bianco e nero): mentre una giovane inserviente sta facendo le pulizie, un presentatore annuncia al pubblico che sta per assistere a un film straordinario, in cui alcuni brani di musica classica saranno “visualizzati” a cartoni animati. Mentre decanta l’unicità di una tale impresa, una telefonata lo avverte che una siffatta pellicola esiste già: il presentatore risponde piccato e spazientito. Nel frattempo, un omaccione carica su un camion un gruppo di vecchiette rinchiuse in un fatiscente capannone e le trasporta in teatro, dove faranno da orchestra; viene liberato anche il disegnatore, incatenato a un muro da cinque anni. Tutto è pronto: l’energumeno si installa sul podio come direttore, il disegnatore ha preparato le sue matite. Di qui in poi, le peripezie di questi personaggi si intercaleranno ai sei brani musicali prescelti e alle animazioni (a colori) che li accompagnano.

- Preludio al pomeriggio di un fauno di Claude Debussy. In un paesaggio arcadico, un vecchio fauno un po’ malandato cerca inutilmente di ritrovare i fasti erotici di un tempo con le bellissime ninfe che abitano i boschi. Respinto da tutte, alla fine se ne va deluso, senza accorgersi che il paesaggio sul quale sta camminando è un enorme corpo femminile.

- Danza slava n° 7 di Antonin Dvorák. Un omino costruisce prima una capanna, poi una casa, poi un grattacielo, sempre imitato dai suoi simili; contrariato, compie una serie di strani gesti ma le sue azioni continuano a essere replicate. Indossata un’uniforme, si dirige verso un burrone e finge di saltare giù, aggrappandosi però a un ramo: si attende che gli altri lo seguano, ma in cambio riceve un beffardo sberleffo.

- Bolero di Maurice Ravel. Dalla fermentazione del liquido rimasto in una bottiglia di coca-cola nasce una specie di ameba, che si avventura all’esterno e poco a poco si trasforma. Tappa dopo tappa, dal microrganismo si sviluppano esseri viventi sempre più evoluti (dotati di ali, zampe, pinne, ecc.), che attraversano scenari diversissimi e intere ere geologiche. Fra loro c’è uno scimmione, che sarà il solo a sopravvivere al cospetto dell’uomo e dei simboli della civiltà di oggi.

- Valzer triste, di Jan Sibelius. Fra le macerie di una casa diroccata, unica superstite fra costruzioni moderne tutte uguali, un gatto si aggira desolato: i suoi occhi rivedono l’aspetto che quelle stanze avevano un tempo, col loro arredamento e la gente che le abitava. Ma non è che un’illusione: alla fine anche il gatto scompare, mentre una gru demolisce anche l’ultima parete.

- Concerto per due oboi, due clarinetti, archi e continuo in do maggiore di Antonio Vivaldi. In un prato soleggiato, una piccola ape si appresta a banchettare col polline di un fiore, ma viene sistematicamente interrotta dalle effusioni di due innamorati. Dopo essere stato sloggiato per l’ennesima volta dalla coppia che rotola abbracciata lungo un pendio, l’insetto si prende la rivincita pungendo il giovanotto.

- L’uccello di fuoco di Igor Stravinskij. Nell’Eden, dopo la Creazione, il serpente offre la mela ad Adamo ed Eva, che però rifiutano. Il rettile decide perciò di mangiarsi il frutto, ma mal gliene incoglie: si ritrova circondato da demoni, in un inferno contemporaneo fatto di traffico, violenza, sesso e droga; in preda alla disperazione, sputa la mela e se ne va.

 

ANALISI DELLA STRUTTURA

All’epoca della sua uscita, il terzo lungometraggio di Bruno Bozzetto - dopo West and Soda (1965) e Vip mio fratello superuomo (1968) - era stato generalmente accolto come un oggetto abbastanza anomalo: in parte riconducibile a quella sorta di “mondo separato” rappresentato dal cinema d’animazione, al quale (a dispetto di una storia e di una tradizione assai articolate e ormai universalmente riconosciute) i più continuano a pensare nei termini del canonico “cartone animato”; in parte frutto di una contaminazione che, per quanto non inedita, poteva comunque sconcertare il pubblico meno avvezzo alle novità. E effettivamente l’operazione del regista milanese-bergamasco (nato nel 1938), una delle figure di punta dell’animazione italiana fin dai suoi esordi nei tardi anni Cinquanta, è contrassegnata da un notevole grado di sofisticazione espressiva, sia per le sue qualità linguistiche, sia sotto il profilo strettamente tecnico-fattuale. Apparentemente concepito come una risposta autarchica al classicissimo disneyano Fantasia, con la gag iniziale della telefonata ricevuta dal “presentatore” Allegro non troppo prende subito le distanze da un modello considerato inarrivabile (ma anche un po’ ingombrante): ciò che seguirà, sembra dire Bozzetto, è per forza di cose figlio di quel capolavoro ma nello stesso tempo vuole percorrere altre strade, maggiormente prossime all’universo della comicità pura pur senza trascurare la sperimentazione a livello formale (così come la propensione alla satira sociale, tipica dell’autore del Signor Rossi).

In questa chiave, la cornice con attori in carne e ossa riveste non solo la funzione di collante all’inevitabile frammentarietà della struttura “episodica”, ma anche - nel suo palese sbilanciamento su un versante surreale e grottesco - quella di metariflessione sulle dinamiche di generazione dell’effetto comico, fra citazioni e strizzate d’occhio più o meno esplicite. Resta, ovviamente, il lavoro vero e proprio sull’interazione fra disegno e musica, condotto in ogni singolo segmento - anche grazie all’apporto di una nutrita e qualificatissima schiera di collaboratori - secondo modalità diversificate. In estrema sintesi, laddove prevalgono gli elementi ritmici e timbrici (come nel Bolero e in L’uccello di fuoco), la loro influenza pesa in maniera cospicua tanto sul movimento interno alle sequenze che sulla scansione del montaggio; altrove (in Dvorák e in Vivaldi, ma segnatamente nel Preludio e nel Valzer triste) sono invece le caratteristiche armoniche e melodiche delle partiture a “guidare”, in un certo qual modo, la scelta del tratto e della gamma cromatica impiegata. Una varietà di soluzioni e una brillantezza di risultati che ancor oggi, a quasi tre decenni dalla sua realizzazione, fanno di Allegro non troppo un capitolo significativo nel panorama della ricerca sulla fusione “sinestetica” fra immagini e suoni.

 

ITINERARI DIDATTICI/IDEE

«Vedere la musica, ascoltare i colori…» - Una visione comparata di Allegro non troppo e delle due edizioni di Fantasia: quella “storica” del 1940 e quella prodotta nel 2000.

Il cinema d’animazione in Lombardia
- Un percorso storico-metodologico, da effettuarsi utilizzando i materiali contenuti nel programma «Arrivano i video n° 6-Il cinema d’animazione» (Regione Lombardia, 2000), suddiviso nelle due sezioni «Cartoonia & dintorni: le botteghe dell’animazione» e «Il cartone animato lombardo dalle origine agli anni ‘70».

Il rapporto immagine-suono
- Un approccio di più ampio respiro alle molteplici relazioni intercorrenti fra colonna visiva e colonna sonora, sulla base del pacchetto «Arrivano i video n° 4-Il suono immaginario: voci, rumori, musica» (Regione Lombardia, 1996).

 

ELEMENTI PER LA DISCUSSIONE

- La natura composita del film: la commistione fra differenti tecniche di animazione, riprese dal vero ed effetti speciali.

- Fra astrazione ed evocazione: corrispondenze e divergenze fra la struttura ritmica dei brani musicali e quella dei cartoon (con particolare riferimento al montaggio), nonché sulle rispettive valenze emotive e “atmosferiche”.

- I diversi registri dei sei segmenti animati, fra venature malinconiche (nel primo ma soprattutto nel quarto), umorismo puro (nel secondo e nel quinto), ambizioni di apologo “evoluzionista” (nel terzo), implicazioni “moralistiche” e di critica sociale (nel sesto).

- La cornice “dal vero” di Allegro non troppo come “metadiscorso” sul cinema comico, del quale vengono rivisitati numerosi meccanismi attraverso una serie di citazioni e ammiccamenti: le gag “mimiche” di Nichetti, il gioco degli equivoci, l’assurdo e il paradosso dei cartoon trasportati in un contesto “reale”, le ripicche “alla Stanlio e Ollio” fra il disegnatore e il direttore d’orchestra….