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Bisignani




Incisioni

L’incisione – ad acquaforte, ad acquatinta anche a puntasecca – nasce così: germoglia dal di dentro come un filo d’erba sul prato. Cresce, prende forma, si dilata; e poi magari si trasforma. Lui, Rossi, vorrebbe offrire allo spettatore quasi un viatico; e talora lo fa. Come quando appunto sotto l’acquaforte di “Foglie al vento annota poeticamente: “Aria o acqua / su cui essere / o andare / per una volta almeno”. Parole pudiche, com’è pudica l’immagine.
In fondo Giancarlo Rossi non ha avuto – o ha oggi – maestri. Ha preso la sua strada da solo; ha sfrondato più che aggiunto: ha amato vuoti più che i pieni; ha cercato gli spazi più che le cose. Anche quando, recentemente, ha affrontato un tema che parrebbe realistico, vangoghiano, come quello della sedia impagliata con sopra un paio di occhiali, un berretto a righe e l’immancabile barchetta di carta, ha pensato anzitutto a togliere la gravità agli oggetti. Ha scelto, così, di velare l’immagine ad acquaforte con una sottilissima carta raggrinzita, cosparsa di minuscole foglioline: un accorgimento tecnico, ma anche una sorta di filtro su cui depurare ogni residuo di materia. Come dire: l’artista tende sempre a purificare l’immagine. La vuole limpida, sospesa a mezz’aria, nel contempo tersa ed anche intensa, ma spiritualmente, non oggettualmente, intensa. Quel che conta è il riflesso dell’anima, la capacita li offrire uno spiraglio alla fantasia.
“Lo faccio – lui confessa – perché mi sta suonando qualcosa dentro”. Di quale suono si tratti, è presto detto: il suono del silenzio. Cioè quella musica che non si ode con le orecchie ma con il cuore. Allora, quale importanza ha che si tratti di nuvole o di acque?

Paolo Rizzi